Nel corso della sua multiforme carriera, Ben Hecht (1894-1964) si è misurato con l'arte della parola in ogni forma possibile nel suo tempo. È stato reporter, romanziere, commediografo, polemista, propagandista politico, ghostwriter (niente meno che di Marilyn Monroe), autore radiofonico, oltre che regista e produttore cinematografico indipendente, e conduttore televisivo.
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Ma se non avesse scritto anche per il cinema, difficilmente si sarebbe ricavato uno spazio negli annali della cultura americana del XX secolo. Tra le sue tante attività, Hecht è stato lo sceneggiatore dell'età dell'oro di Hollywood, affiancando i registi e i produttori più importanti, da Sternberg a Hitchcock, da Hawks a Preminger, da Selznick a Zanuck, per i quali ha firmato una cinquantina di copioni (cui vanno aggiunte almeno altrettante collaborazioni non accreditate), tra cui alcuni capolavori assoluti, quali Scarface (1932) e Notorious (1946). Usando l'opera di Hecht come caso esemplare, questo libro analizza, più in generale, i diversi aspetti del mestiere dello sceneggiatore nel quadro della Hollywood classica: la posizione all'interno dell'organizzazione produttiva, le modalità di lavoro, la concezione del cinema e del proprio ruolo, il rapporto con la politica, le forme della scrittura e il problema della possibilità di sviluppare uno stile personale, riconoscibile come tale, in un'industria che per sua natura tendeva all'omologazione.