La Striscia di Gaza, da quasi un secolo, è un luogo di resistenza e di sofferenza. Non è l'unico in questo mondo sconvolto da conflitti, ma è il paradigma della "produzione" della violenza contemporanea.
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La violenza contro i palestinesi è un continuum che oscilla tra un minimo quotidiano, a bassa intensità, con i suoi morti, i suoi feriti e le sue distruzioni, e le punte delle operazioni militari, veri e propri massacri, come Piombo Fuso o Margine Protettivo, con il risvolto voyeuristico di fronte allo spettacolo del dolore di un Occidente spesso complice. Violenza che si articola con modalità diverse in Cisgiordania e nella Striscia, contro i palestinesi cittadini di Israele e contro i profughi che vivono nei campi allestiti, a partire dal 1947-1948, nei paesi arabi del Medio Oriente. Una industria della violenza che viene esportata in molti paesi del mondo, qui intrecciata a un paradigma coloniale di insediamento, sul quale il sionismo basa l'identità dello Stato israeliano, e a un modello concentrazionario nel quale ha un ruolo determinante il complesso militare industriale.