Una cosa è certa: che sia nella Beirut cosmopolita, con i suoi artisti hip hop, i suoi gruppi siriani heavy metal, il suo centro con gli affitti alle stelle, i suoi «Che-Bars» con drink che il Che non si sarebbe mai potuto permettere, a pochi minuti dai quartieri poveri semidistrutti controllati da HezbolEah, dove l'efficienza della raccolta dei rifiuti e dei servizi sociali compete con quella del lussuoso quartiere Hamra; o che sia nella più tranquilla Amman, con le sue catene di centri commerciali Safeways o ii suo Mecca Mail di lusso con tanto di pubblicità di Sex and thè City, un'elegante sala da bowling e un multisala dedicato al cinema in prima visione; o che sia in una sovrappopolata Tehran, con le sue baraccopoli e le sue feste nelle sedi delle ambasciate; o che sia, infine, in una Baghdad disperata, la vita, in Medio Oriente e nel Maghreb, sfugge alle grossolane esemplificazioni che Tasse dell'arroganza e dell'ignoranza gli riserva.