Era bello da tagliare il respiro. Un giorno si lasciò cadere il chitone, e la sua nudità raddoppiò il bagliore del sole. Sotto la sua pelle, i muscoli del ventre si muovevano pigramente come serpenti addormentati. Il suo sorriso era una rondine fuggitiva.
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Era Alcibiade, il figlio più radioso di un'Atene dell'età dell'oro, quella dei Socrate, dei Pericle, dei Platone, nei sinistri splendori della Guerra del Peloponneso, alla vigilia dello sfacelo. Un raggio di sole, esploso dall'arcobaleno, lo aveva colpito facendone l'eletto, il più spregiudicato, il più chiaroveggente, il più insostituibile, ma, insieme, il reietto...