Diritto del lavoro e diritto fallimentare hanno scarsamente dialogato nella costruzione dell'apparato regolatorio che presiede al governo della crisi dell'impresa, ciascuno propenso a mettere in campo gli strumenti migliori e più efficaci per tutelare gli interessi oggetto della propria disciplina, i diritti dei creditori nell'un caso, i diritti dei lavoratori (peraltro anche creditori) nell'altro, senza compiere tentativi organici per trovare obiettivi condivisi e valorizzare gli strumenti capaci di condurre ad una sintesi i contrapposti interessi. Muovendo dall'assunto che anche la salvaguardia dell'occupazione al pari della tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, rappresenta un limite di rilevanza costituzionale ad ogni manifestazione dell'esercizio della libertà di iniziativa economica privata, e forte della rinnovata ratio impressa al diritto fallimentare dalla riforma intervenuta alla metà degli anni 2000 e poi confermata dal "decreto sviluppo" convertito con l. 134/2012, questo lavoro intende valorizzare l'anello di congiunzione tra le due discipline, rappresentato dalla salvaguardia dei complessi produttivi (in quanto going concern), per far spazio ad una lettura delle procedure concorsuali più attenta alle istanze di coesione sociale.
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